La morte del Capitone: tradizione culinaria

I mercati del pesce sono imbanditi da un pesce che è ricercatissimo ed è  il più venduto in assoluto durante le festività natalizie: il Capitone.

Il Capitone, ossia la femmina dell’anguilla, non può mancare sulle tavole dei napoletani per la vigilia di Natale. I pescivendoli hanno difficoltà nel domare questo strano pesce che si muove come un serpente ed è per questo che  gli viene mozzata la testa per porre fine alla sua esistenza.

La morte del Capitone ha un significato particolare legato alla malasorte. Mangiare il Capitone senza testa esorcizza la malasorte e la malvagità, annullando l’oggetto portatore della negatività. Non stupisce, quindi, accorgersi che un popolo così superstizioso come i napoletani abbia continuato a scacciare la “malasorte” in questo modo per secoli.

Le donne comprano il capitone  il 23 dicembre ancora vivo, e si mantiene vivo in casa fino al momento della cottura. Oltre che un rituale, questo consente di cucinare un pesce freschissimo e di non incorrere in errori; comprare il capitone già pulito infatti, oltre che impedire di giudicarne il grado di freschezza, non consentirebbe di vederne la testa, elemento importante che lo distingue da un pesce simile, il gorgo, che però è molto meno pregiato.

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phographer: Lucio Criscuolo

Pubblicato da Valeria

Napoletana verace, classe 89. Laureata in Culture Digitali e della comunicazione presso la facoltà di Sociologia dell'Università Federico di Napoli.

2 pensieri riguardo “La morte del Capitone: tradizione culinaria

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